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Parlando della cultura giapponese vi è sicuramente capitato di incontrare il termine HENTAI.

La parola Hentai significa “anormale” ma anche “pervertito” ed è usato per indicare la produzione di anime e manga di genere pornografico.
A differenza della pornografia occidentale, basata quasi esclusivamente su cinema e fotografia, l’Hentai giapponese, sfruttando l’illustrazione, permette un uso totale dell’aspetto immaginifico e l’ideazione di scene e contesti completamente avulsi dalla realtà e dai normali standard culturali, dando spesso espressione a fantasie sessuali estreme e per questo considerate deviate.

Imbattendovi in alcune immagini su internet o guardando qualche servizio delle Iene non avete forse pensato: CHE RAZZA DI MANIACI!

Tuttavia è bene tener presente che l’Hentai non è un nuovo trend della cultura giapponese, ma si inserisce come prosecuzione postmoderna di forme artistiche legate alla sessualità già esistenti durante il periodo Edo, con produzioni quali le stampe Shunga e i Koshokumono, ovvero i racconti libidinosi.
Forme di bondage e sadomasochismo sono inoltre raffigurate in molte opere del pittore Katsushika Hokusai (Sì, proprio quello della famosa onda!) come nel caso di Sogno della moglie del pescatore, dove una donna ha un rapporto sessuale con un gigantesco polipo.


Tuttavia la cultura Hentai è diventata oggi eversiva a causa della repressione subita in epoche recenti, soprattutto dopo che il genere è stato esportato in occidente, dove ha generato paura e pregiudizio alimentati dalle letture fuorvianti di diversi sociologi, che hanno condotto a veri e propri isterismi.
Basti pensare che in Europa si ritiene che i manga Hentai siano disegnati da uomini per uomini, quando invece le più brave e popolari autrici sono donne!
ZAN ZAN ZAN!

Una riabilitazione di sistema sta avvenendo oggi progressivamente ad opera di alcuni artisti, i quali puntano a instaurare una relazione col genere che non vada alla spasmodica ricerca di significati ulteriori o messaggi subliminali: il porno andrebbe semplicemente letto e fruito come genere di intrattenimento fine a se stesso, lasciandosi sedurre dai suoi lati più languidi e accattivanti e dalla maestria con cui i disegnatori giapponesi riescono a dipingere a proprio modo le anatomie fisiche femminili e maschili e a creare storie al limite del sogno e dell’allucinazione, di cui bisogna soppesare la pura estetica.
Infatti è importante tener presente che:

“Because Japanese Otaku are not perverts they can enjoy the
perversions in the fictional world of Anime, or exactly speaking, the
border between fiction and reality is fundamentally different in Japan
from that of the “West”. This is the crucial point.”
Yui K., Japanese Animation and Glocalization of Sociology

Nascono così le fotografie di Araki Nobuyoshi e le opere con un retrogusto ironico come Hiropon di Murakami, una statuetta che mostra l’immagine di una ragazza in stile manga che si stringe i seni enormi spruzzando latte.
Kawaii, no?

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