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Milano ha storicamente un problema urbanistico: la piazza. Milano ha storicamente una “forza” urbanistica: la Forza centripeta. Questi due aspetti sono ironicamente collegati poiché la forza di attrazione verso il centro è sviluppata proprio da una piazza: quella del Duomo. Il cuore della città è una piazza sostanzialmente irrisolta, luogo di passaggio, di turismo e al massimo di concerti o comizi; luogo in cui la piantumazione di palme mette in discussione tutto il resto, luogo ormai sempre più militarizzato e poco vivibile.
E’ veramente una peculiarità milanese, questa; la città degli affari simbolicamente deficitaria del luogo in cui per secoli e secoli affari e vita pubblica si sono sviluppati: dall’agorà greca, al foro romano alle piazze-mercato medievali. Le piazze sono sempre state “collettori” e “generatori” al tempo stesso, raccogliendo dalle strade convergenti quella vitalità che sono in grado di restituire e diramare a loro volta. Per questo, nella città storica europea, la piazza ha rappresentato il nodo architettonico più significativo, grazie proprio all’energia delle attività umane che in esso si generano. L’accelerazione verso l’espansione urbana avvenuta dal secondo dopoguerra ha condotto alla costante diminuzione di questa intensità; privata della propria centralità urbana, la piazza ha visto sempre più ridotta la propria attività. Una definitiva riduzione del ruolo della piazza si è infine verificata, nel corso del Novecento, in quelle città o parti di città che si sono sviluppate secondo una politica che ha privilegiato il trasporto automobilistico e il sistema di trasporto pubblico su rotaia.
Anche le principali piazze milanesi hanno seguito questa consecutio urbanistica e sono oggi sostanzialmente dei giganteschi snodi viari: dallo sconfortante trittico Piazza Castello – Piazza Cairoli – Piazza Cordusio a Ventiquattro Maggio e Piazza Cadorna; forse il luogo in cui più emblematicamente è visibile questo deficit tutto milanese è piazza della Scala, a prima vista la più bella e vivibile piazza della città, piena di palazzi importanti come il Teatro alla Scala, la Galleria, Palazzo Marino, Palazzo Beltrami e il grande manufatto novecentesco, sempre di Beltrami, il Palazzo della Banca Commerciale Italiana. In realtà è anch’essa uno snodo automobilistico in cui l’edificio più importante è di fatto escluso dalla fruizione, isolato dalla piazza a cui esso stesso dà il nome. Tutti questi luoghi si configurano, dunque, come cuori pulsanti in cui tra sferragliare di tram e clacson di auto si può sviluppare vita infrastrutturale ma non ha alcuna possibilità di svilupparsi una vita “pubblica” fatta di attività collettive e condivisione.

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In altre città italiane, dove la piazza ha sempre mantenuto più forte il valore simbolico del passato, la ricerca verso uno sviluppo urbano per parti formalmente compiute, avvenuta negli anni Sessanta, ha portato gli architetti a ripensare la piazza come un luogo vitale per i nuovi quartieri, reinterpretandone il significato urbano e sociale e il suo ruolo rispetto alla morfologia della città esistente. A Milano questa reinterpretazione sta avvenendo, con colpevole ritardo, in questa fase di accelerazione urbanistica, che ha il suo fulcro proprio in una piazza: Gae Aulenti. Grazie al successo di questo snodo, esclusivamente pedonale, ci si è resi conto dell’importanza dei luoghi di aggregazione, di luoghi in cui poter trascorrere del tempo, darsi un appuntamento e sedersi a chiacchierare. Di luoghi in cui poter organizzare eventi e attività pubbliche.
In realtà fino ad ora sono state citate solo le piazze più grandi e iconografiche della città, ma le medesime problematiche urbanistiche sono riproposte in quasi tutte le piazze della metropoli lombarda, soprattutto nelle numerose piazzette di quartiere dipanate su tutto il territorio; luoghi in cui si sviluppa quotidianamente la vita dei cittadini, luoghi in cui la condivisione e la socialità necessitano ancora di più di attenzione e di una qualità architettonica e urbanistica che possa facilitare il godimento dello spazio.
Proprio su queste porzioni di città sta ponendo sempre maggiore attenzione la giunta comunale attualmente in carica. Gli annunci dell’assessore all’urbanistica Maran sono all’ordine del giorno, l’attività sui social network è davvero frenetica. Questo dinamismo è molto positivo per la città, ovviamente, ma considerando progetto per progetto sorge qualche dubbio sulla reale qualità architettonica degli interventi che riguardano le nuove polarità di quartiere offerte ai milanesi. Voglio dire che se è vero che Milano è da sempre deficitaria in questo specifico elemento urbanistico, se è vero che il tema è ormai di dominio pubblico ed è considerato di primaria importanza nell’ottica di un miglioramento della qualità dei luoghi sia dai cittadini che dagli ambienti politici, allora forse potrebbe essere trattato in modo più compiuto, potrebbe diventare una delle sfide urbanistiche più interessanti della città, un segno distintivo della Milano di domani. Discorso questo che è valido al netto di alcune necessarie considerazioni sul diverso peso delle tematiche urbanistiche che coinvolgono la città; esistono, infatti, progetti e campi di progettazione che hanno maggiore rilevanza per l’evoluzione futura di Milano, dalla gestione degli scali ferroviari, alla conclusione dei principali progetti urbanistici in corso.
Quello delle piazze risulta, tuttavia, essere un elemento di studio e di progettualità puntuale stimolante, quell’elemento che davvero nell’arco di una legislatura può essere portato a termine, imprimendo un segno tangibile di cambiamento che la politica sempre ricerca; è un tema questo che rientra a pieno tra le priorità espresse in campagna elettorale dal Sindaco Beppe Sala, poiché riguarda, in molti casi, zone periferiche e spazi pubblici urbani al di fuori del centro. L’approccio della nuova giunta, anche in questo caso, risulta più pragmatico e meno idealistico del passato; la volontà è, infatti, quella di portare a termini progetti e cambiamenti per la città. Portare alla conclusione sembra essere la legge che lega tutta l’attività della giunta, da progetti di lungo corso come il Palalido e Santa Giulia ai progetti puntuali disseminati per i quartieri; proprio questi, infatti, sembrano essere gli ambiti che maggiormente interessano i milanesi, dopo anni trascorsi a parlare di grandi progetti avulsi dalla città come Expo, la cui onda lunga può essere considerata davvero positiva solo nel caso in cui porterà a termine in modo capillare un cambiamento dell’assetto urbano, anche nei luoghi più periferici e più lontani dalla propria area di svolgimento; spesso infatti questi grandi eventi si prefigurano come attivatori urbani delle poche aree su cui insistono i progetti specifici, provocando effetti marginali sul resto del tessuto urbano.

Nei giorni scorsi Maran ha postato su Facebook un’immagine in cui viene presentato il progetto “Le piazze al centro dei quartieri”; sono indicati i principali punti di intervento e alcuni render dei singoli progetti. Tra le piazze più importanti citate in questo riassetto urbano trovano posto Piazza Castello, Piazza Duca D’Aosta (stazione Centrale), Piazza Sant’Agostino, Piazza dell’Ortica (che in realtà non è presente nell’immagine sopracitata ma di cui sono già disponibili render e idee progettuali), Piazza San Luigi e Piazzale Archinto. Effettivamente sono questi tutti luoghi che per ragioni diverse svolgono un ruolo primario all’interno della città e che, allo stato attuale, possono essere ritenuti irrisolti o non sfruttati al massimo delle proprie potenzialità. Tra i progetti citati mi sembra interessante concentrarsi sui tre che per dimensioni, tipologia e aree in cui sorgono più si assomigliano: Piazza dell’Ortica, Piazza San Luigi e Piazzale Archinto.

L’immagina postata da Maran e ripresa da alcuni quotidiani relativa al progetto “Le piazze al centro dei quartieri”.

La prima sorge in una zona molto periferica della città, ma anche molto vitale e con una propria forte identità, l’Ortica appunto. Un luogo in cui si respira l’aria della Milano che fu, quartiere scolpito nella memoria popolare dai testi di Jannacci e dalle immagini di “Miracolo a Milano” di De Sica, quando ancora sull’area sorgeva una distesa di baracche. Cuore dell’Ortica è la piccola chiesa dedicata ai santi Faustino e Giovita, che sorge sulla stessa piazza della famosa Balera, luogo ormai da molti anni di moda nel sottobosco hipster milanese. E’ proprio questo, che attualmente può considerarsi un semplice slargo adibito a parcheggio, che verrà rimesso completamente a nuovo, dando forma compiuta e ordine al luogo.

Un’immagine della proposta di intervento su Piazza dell’Ortica.

Piazza San Luigi sorge in un’altra zona molto interessante della città, vicino a Corso Lodi, a due passi dalla Fondazione Prada, dal nuovo ostello Madama e dal Circolo Arci Ohibò, luoghi questi molto frequentati da turisti e giovani milanesi. Anche in questo caso la piazza è ad oggi quasi impraticabile, configurandosi sostanzialmente come un fazzoletto di cemento adibito a parcheggio ai piedi dell’imponente chiesa di San Luigi. E anche in questo caso il progetto proposto dalla giunta si configura come un riassetto viabilistico, il posizionamento di alcune aiuole o aree verdi e l’eliminazione dell’attuale situazione di parcheggio selvaggio.

Il disegno progettuale della nuova Piazza San Luigi.

L’ultimo progetto è quello riguardante Piazza Archinto, il fulcro dell’Isola, uno dei quartieri più interessanti e vivi della città, l’esempio milanese di gentrificazione ai piedi dei grattacieli, del Bosco Verticale e della nuova area di Garibaldi. La zona brulica di locali, soprattutto ristoranti, che hanno largamente eroso un tratto distintivo dell’area: il forte senso di appartenenza al quartiere, che per ragioni geografiche ed urbanistiche è sempre stato tagliato fuori dal resto della città e per questo ha sviluppato una propria forte identità fatta di botteghe e di caffè. Una sorta di paese proletario all’interno della città, escluso dal resto dal sistema infrastrutturale di stradoni e ferrovia. Negli ultimi dieci anni tutto è cambiato e si tratta ormai di un’area cool vissuta soprattutto dalle sei di sera in avanti per aperitivi, cene e dopocena. In questo generale riassetto dell’area Piazza Archinto ha mantenuto nel tempo la sua conformazione, le sue aiuole, i suoi alberi e i suoi parcheggi. Tuttavia ne è cambiata radicalmente la frequentazione, da sito di spaccio a fine anni ’90, a luogo dove trascorrere la tranquilla vita di quartiere agli inizi dei duemila, fino a diventare oggi uno dei punti di movida selvaggia. Insomma l’unica piazza di uno dei quartieri più vivaci della città è un luogo vissuto e vivibile, di fatto, solo nella fascia serale poiché caratterizzato di giorno da sporcizia e vetri rotti delle feste della sera appena trascorsa. E’ uno spazio poco vissuto dagli abitanti del quartiere, sebbene, per esempio, proprio sulla piazza si affacci una grande scuola elementare. Anche in questo caso, dunque, un intervento è necessario e anche in questo caso il progetto proposto dalla giunta, in modo un po’ frettoloso, consiste sostanzialmente nel riassetto viabilistico e in una risistemazione della piazza tra aree verdi e giochi per i bimbi.

Il progetto di Piazza Archinto.

Analizzando questi tre interventi, anche senza scendere troppo nei dettagli progettuali, quello che viene da chiedersi è perché Milano non possa sfruttare queste occasioni per attivare metodi innovativi di ripensamento degli spazi, che diano realmente qualità ai progetti e allo spazio pubblico urbano. Credo sia un grosso limite riqualificare spazi essenziali come questi senza ripensarne le funzioni e senza un approccio architettonico oculato, paragonabile ai molti esempi che derivano da altre metropoli mondiali. In sostanza, se parliamo di un elemento che interessa molto i cittadini, un banco di prova per la giunta, se siamo di fronte ad aree di grande sviluppo e importanza per la Milano del futuro, non è possibile pensare ad uno sforzo economico, gestionale e progettuale più accurato della semplice riqualificazione con aiuole e sedute?
Sarebbe bello mettersi in gioco e osare più di quello che si sta facendo, dare l’idea che la Milano di oggi non sia solo quella che porta a termine un progetto in modo corretto e inquadrato nei tempi, ma sia anche quella che propone metodi di intervento e nuove vivibilità urbane.
Perché per esempio non pensare ad un bando per giovani progettisti under 30 o under 40? O ricercare forme di sponsorizzazione ad hoc per queste tipologie di interventi?
Perché non provare a creare spazi che abbiano almeno un elemento progettuale distintivo, sia esso nell’utilizzo del verde, della pavimentazione o delle attrezzature sportive o per i giochi dei bambini?
Il resto del mondo e d’Europa sono pieni di esempi in cui lo spazio urbano appare finemente progettato e non semplicemente riqualificato. E’ nella distanza tra queste due parole, pertinenti allo stesso ambito, l’architettura, l’urbanistica, che si gioca tutta la differenza tra i progetti proposti nella nostra città e quelli visibili altrove. Città come Madrid, Amsterdam, Berlino, Parigi hanno dimostrato di trattare il tema delle piazze e dello spazio urbano di quartiere in modo più profondo, innovativo e spesso architettonicamente giocoso. A tal proposito si riportano di seguito alcuni esempi, tra i tanti possibili, da cui trarre ispirazione nella trattazione di questo tema.

Una doppia immagine del parco urbano Superkilen dui Copenaghen progettato dal celebre studio BIG architects.

La nuova Plaza de Santo Domingo di Madrid, firmata dallo studio Marinas Arquitectos Asociados

Il progetto Turenscape di Tianjin in Cina.

Un’immagine dello spazio pubblico nella Teikyo Heisei University di Nakano.

Il playground di Amsterdam Potgieterstraat disegnato da Carve Landscape Architecture.

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