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Anno 2010: la polizia indiana uccide 112 manifestanti kashmir che chiedevano l’indipendenza.

Lo stato Kashmir, dal 1947 sotto l’amministrazione indiana, chiede da sempre maggiori autonomie e un’utopica indipendenza. Le manifestazioni sono state sempre represse nel sangue. Mai però si era arrivati al numero di vittime del 2010. Il governo indiano ha così deciso, per zittire le organizzazioni internazionali che lavorano sul territorio e tutela i kashmir, di dotare la polizia di armi “non letali”, i cosiddetti fucili a pallini. Ogni colpo può contenere fino a cinquecento minuscoli pallini di piombo che in seguito all’esplosione si disperdono dappertutto.

Il risultato, documentato dallo splendido lavoro di Camillo Pasquarelli, è che solo negli anni 2016 e 2017 sono morte 17 persone e ne sono state ferite oltre seimila. La maggior parte di queste sono state ridotte alla cecità o semi-cecità. Basta un solo pallino di piombo per ridurre la vista anche del 90% e per rendere vane le operazioni chirurgiche di estrazione.

Nel progetto del fotografo italiano vediamo il primo piano di alcune vittime e la loro radiografia che dimostra la presenza dei pallini nel corpo.

Il progetto è attualmente in mostra presso il Festival della Fotografia Etica a Lodi (27 e 28 ottobre ultimi due giorni).

Shakeela Begum, 35 anni. Durante una sparatoria in strada aveva difeso un kashmiro che la polizia stava bastonando. La settimana dopo, uscendo dal cancello di casa, è stata colpita al volto dallo stesso poliziotto che aveva sgridato qualche giorno prima. Quasi completamente cieca.

Amir Beigh, 26 anni. Stava comprando le medicine per la madre quando le forze di sicurezza gli hanno sparato. Ha ancora centinaia di pallini nel corpo nonostante le numerose operazione. Da quel giorno è cieco.

Mohammad Dar, 23 anni. Stava giocando a cricket quando la polizia gli ha sparato. Ha subito otto operazione ed è ancora quasi completamente cieco.

Asif Sheikh, 10 anni. Colpito dalla polizia che passava in auto. Ha perso la vista dall’occhio destro. 

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