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I mesi di lockdown hanno reso complicate anche le attività dell’associazione, per questo motivo abbiamo deciso di rendervi partecipi passo dopo passo della realizzazione del nostro nuovo documentario stilando un diario di viaggio.
Un modo per farvi vivere insieme a noi il lungo percorso intrapreso dall’estate 2019.

Cevedale.

Il Cevedale con i suoi 3769 mt si staglia proprio di fronte al rifugio Casati, la struttura dove abbiamo soggiornato.
Come previsto lo abbiamo trovato in perfette condizioni per l’ascesa, con crepacci ancora chiusi e un mantello di neve che ci ha permesso di scalarlo per la maggioranza del tempo senza dover ricorrere ai ramponi.
Il Monte Cevedale costituisce un mondo orografico importante in quanto è il punto di convergenza delle dorsali montuose che dividono la Val de La Mare (ramo laterale della Val di Sole Trentino), la Val Cedec in alta Valfurva (Lombardia) e l’alta Val Martello (Alto Adige Bolzano).

credit: Federico Montanari

Gran Zebrù.

Il Gran Zebrù forte anche dei suoi 3857 mt è sicuramente la cima più iconica del complesso, per questo motivo abbiamo scelto di renderlo il faro montuoso di riferimento all’interno del documentario.
Definita «La più bella muraglia di ghiaccio delle Alpi» da Kurt Diemberger, sarà proprio il famoso monte ad aprire e chiudere il documentario, comparendo spesso anche sullo sfondo delle escursioni e avventure dei nostri ricercatori.
Sebbene non lo vedremo mai dalla cima sarà sempre al centro dell’attenzione e rappresenterà la destinazione finale dei ricercatori.

credit: Federico Montanari

Il Rifugio Casati.

Il Rifugio Casati si trova a 3269 mt nel complesso Ortles-Cevedale
Immerso tra le cime più belle del complesso è posizionato proprio di fronte al ghiacciaio e ci ha permesso di poter accedere ad ogni orario, raccontando il paesaggio all’alba come di notte.

I tre Cannoni del Cevedale.

A soli 20 minuti di cammino dal Rifugio Casati si trova il primo dei tre cannoni risalenti alla Prima Guerra Mondiale.
La montagna fu teatro di battaglie a colpi di mitragliatrici ed esplosivo e vide cadere numerosi soldati italiani e austriaci.
Quei tre cannoni, a 3275 mt di quota, rappresentano un periodo significativo per la storia: la Guerra Bianca (1915-1917), un conflitto sofferto che decimò le truppe da ambo i lati, anche a causa delle condizioni proibitive in cui vivevano i militari.
Abbiamo scelto di inserire uno dei tre cannoni per sottolineare come la montagna rappresenti un’enciclopedia di testimonianze non solo geologiche ma anche della storia dell’uomo.

I Ricercatori.

I nostri protagonisti tornano a lavorare in coppia in questi tre giorni, parliamo di Roberto Ambrosini e Marco Parolini.
Entrambi ricercatori e professori al dipartimento di Scienze Politiche e Ambientali dell’Università degli Studi di Milano, seguono da anni lo studio che verte sulle condizioni dei ghiacciai alpini in termini di contaminazione da plastica e altri inquinanti.
Sono disponibili numerose pubblicazioni scientifiche, qui riportata l’ultima riguardante gli studi sulla crioconite.
Sulla pagina facebook di Chora è anche possibile trovare una video intervista sulla tematica a Marco Parolini.

credit: Federico Montanari

Backstage.

Ci apprestavamo ad affrontare una sessione di ripresa decisiva per la riuscita del documentario e fortunatamente il piano di lavorazione si è svolto come preventivato.
Dopo il cattivo tempo della stagione 2019 siamo stati ricompensati con 3 giorni di sole battezzati da albe e tramonti meravigliosi.
Le condizioni del ghiaccio erano perfette, solo durante la notte e la prima mattina, le temperature intorno ai -6 hanno creato qualche piccolo inconveniente negli spostamenti e con la durata delle batterie, nulla che pero’ ha creato dei reali impedimenti.
Unica nota stonata è stato il forte vento che ha concesso un moderato
uso del drone, che comunque era già stabilito essere in secondo piano rispetto le riprese a terra.
Le location meravigliose hanno sicuramente ricompensato gli sforzi di tutti e le scarse 3 ore di sonno che ci siamo concessi a notte.
Il trasporto dell’attrezzatura non ha creato particolari problemi, fino all’arrivo del rifugio Casati abbiamo infatti usufruito del trasporto jeep e di una funicolare su cui caricare la maggioranza dell’equipaggiamento.
Sul ghiacciaio abbiamo spesso dovuto compiere più viaggi per riuscire a portare con noi tutto l’occorrente, ma le condizioni di sicurezza hanno reso agevole ogni tratta.


credit: Federico Montanari

Le prossime riprese.

La prima settimana di Agosto i ricercatori torneranno sui ghiacciai e li seguiremo questa volta per raccontare i campionamenti di Crioconite.
La crioconite è una formazione polverosa, combinazione di piccole particelle di roccia, fuliggine e batteri che riempie i fori di fusione sulla superficie del ghiaccio (sacche di crioconite).
Poiché la crioconite, di colorazione nera, assorbe le radiazioni solari e promuove lo scioglimento del ghiaccio, si formano buchi cilindirici (nel periodo estivo).
La crioconite oltre a diminuire l’albedo è estremamente interessante agli occhi dei ricercatori perché svolge una funzione di spugna, all’interno delle cosiddette coppette crioconitiche si concentrano infatti metalli pesanti, radionuclidi e altre sostanze.
Molti di questi contaminanti sono conservati per decenni e solo ora con lo scioglimento dei ghiacci si stanno rimettendo in circolo creando un problema etico: è giusto continuare a disinteressarsi del problema sapendo che i nostri errori verranno pagati dalle generazioni future?
Le riprese avranno luogo sul ghiacciaio dei Forni dove si trovano con più frequenza le crioconiti, soggiorneremo al rifugio Pizzini e al Rifugio Branca (Valfurva).


credit: Federico Montanari
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