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Ciao Danilo, lo scopo di Chora è quello di promuovere progetti creativi e di legare tra loro diverse creatività. In questo senso un buon metodo può essere quello divulgativo. I tuoi progetti ci sono subito piaciuti molto, quindi grazie della tua disponibilità per questa chiacchierata con noi.

Iniziamo dall’inizio, ho letto che sei di Catania e ti sei laureato lì all’Accademia di Belle Arti. Poi ti sei spostato per qualche esperienza al nord e ti sei infine rispostato a Catania, fondando uno studio chiamato K95. Una scelta importante e forse insolita per come funziona l’Italia oggi. Ci spieghi come hai preso questa decisione?

Ho iniziato la mia formazione in Accademia e ho avuto la fortuna, conclusi gli studi, di entrare a far parte di uno studio grafico di Catania, Meedori, a cui ancora oggi sono molto legato. Grazie a quest’esperienza sono cresciuto progettualmente. Con il tempo però ho avvertito l’esigenza di fare un’esperienza fuori dalla mia regione e l’occasione si è presentata quando mi contattarono da uno studio pubblicitario svizzero. Per circa un anno e mezzo ho vissuto tra Como, Milano e Lugano entrando in contatto con molti designer, copywriter e sviluppatori, alcuni dei quali divenuti amici e collaboratori. Purtroppo l’ambiente lavorativo in Svizzera non rispecchiava le mie aspettative, forse anche per la bella esperienza vissuta in Meedori. Così decisi di fare ritorno e con due amici, Dario Leonardi e Marco Giannì, abbiamo fondato lo studio grafico K95, con l’obbiettivo di portare un certo tipo di design al sud, dimostrando che anche qui è possibile sviluppare progetti di qualità. Decidemmo di aprire lo studio affiancandolo alla tipografia Arti Grafiche Leonardi, una realtà già ben affermata a Catania, che ha un’esperienza alle spalle di 54 anni. Questo ci ha permesso di avere già una prima lista clienti e di poter curare i progetti dalla realizzazione grafica fino alle fasi di stampa.

Guardando i tuoi lavori e quelli del tuo studio K95 si capisce molto bene il legame con il territorio. Mi è piaciuta molto la spiegazione che date dell’identità visiva del vostro stesso studio. In un passo su Behance ho letto “Molti artefatti che compongono l’identità visiva sono stati realizzati utilizzando i processi di stampa tradizionali – letterpress – come ad esempio il biglietto da visita che presenta dei tagli nelle parti interne del logotipo. L’idea alla base di questi tagli è quella di permettere al fruitore di vedere la città attraverso il nostro marchio, il nostro punto di vista.” Ci spieghi se e come questi luoghi influenzano i vostri progetti?

Catania è una città che offre panorami eccezionali, abbiamo la fortuna di avere da una parte il mare e dell’altra la montagna, cui fa da padrona la maestosa Etna. Catania è una città che ha avuto varie dominazioni e questo mix culturale è presente ovunque, dall’architettura all’arte. Volevamo comunicare in maniera chiara da dove veniamo e rendere parte del nostro design il mix culturale che abbiamo intorno, questo è il motivo per il quale mescoliamo più stili diversi all’interno dei nostri progetti grafici.

Esiste anche a Catania un mondo di operatori “creativi” (videomaker/graphic designer/ fotografi/ illustratori etc…)? Se si tu sei in contatto con molte persone che afferiscono a quel mondo?

Certamente, molti di essi provengono dall’Accademia di Catania, sono amici e alcuni anche ex colleghi. Tutto questo è stato possibile grazie a Gianni Latino, docente e direttore del dipartimento di Grafica in Accademia, che è riuscito a trasmetterci la sua passione, facendoci prendere coscienza di cosa fosse questa professione. Come studente o lo si ama o lo si odia, ma non si può negare ciò che ha fatto. Prima che giungesse a insegnare in Accademia a Catania non c’erano così tanti giovani designer.

L’identità visiva per una società, o per un evento è una cosa complessa, che unisce tanti livelli, web, cartellonistica, pubblicazioni per esempio. Nel lavoro che fai credi sia importante unire approcci creativi diversi, conoscenze diverse, anche background universitari diversi? Ti è mai capitato di collaborare con qualcuno non del “tuo campo” per qualche progetto?

Abbiamo lavorato a stretto contatto con artisti, architetti, imprenditori e commercianti ottenendo quasi sempre uno scambio reciproco di idee e nozioni che ci hanno fatto crescere. Siamo convinti che la creatività sia realizzare collegamenti tra ciò che si conosce per dare vita a qualcosa di nuovo. Ogni volta che iniziamo un nuovo progetto cerchiamo sempre di conoscere il più possibile sul lavoro che svolge il nostro cliente e da esso traiamo sempre nuove nozioni che ci aiutano ad andare avanti. A queste figure spesso si aggiungono quelle dei vari copywriter, illustratori, video maker, fotografi e altri ancora, con cui lavoriamo quotidianamente a stretto contatto e anche in questo caso, nonostante si possano avere background differenti, si cerca sempre di arrivare a un’idea comune, imparando gli uni dagli altri.

Ho notato che un filo conduttore dei tuoi/vostri lavori sono l’uso di figure/elementi iconografici e di colori contrapposti, molto spesso quelli della tua città; pensando al tuo lavoro diresti che sono effettivamente questi i tratti principali?

In verità il mio design è ispirato più alla storia della grafica e allo stile italiano che in passato fece la differenza, per quanto riguarda i colori che utilizzo sono quasi sempre basilari. Solo con K95 cerco di far risaltare alcune caratteristiche visive della nostra città, ma soltanto quando lavoriamo per noi stessi. Ad esempio il carattere Herbert, che io stesso ho disegnato, presenta alcune caratteristiche che richiamano lo stile baracco, stile che nella mia città è presente quasi ovunque.

Da milanese devo dire che mi è piaciuto tantissimo lo studio che hai fatto sull’identità visiva della metropolitana di Catania (credo fosse la tua tesi di laurea); pensando a molte città del mondo il logo e il percorso della metropolitana sono tratti distintivi (finiscono su magliette, borse e gadget turistici). In alcuni casi la metropolitana è un vero e proprio simbolo come a Londra o un landmark artistico come a Parigi. Io l’ho sempre visto come un elemento fortemente identitario ma “nascosto”, cioè da cittadino non ci pensi mai ma effettivamente può essere considerato un simbolo della tua città.
Universalizzando questo tema, come si coniuga nel lavoro di grafico di oggi questa “discrezione”, riscontrabile in molti lavori di Noorda, per esempio, con la sovraesposizione visiva che eventi e aziende hanno oggi grazie ai media?

Una volta la si chiamava Grafica di Pubblica Utilità, oggi qualcuno parla d’Interfacce Metropolitane. Io sono dell’idea che la grafica inerente ad alcuni servizi pubblici debba in qualche modo rispecchiare la città di cui fa parte, perché essa insieme ad altre molteplici cose influisce sull’aspetto della città stessa, per questo si parla d’interfacce metropolitane.
Il lavoro di Steiner e di Noorda, per citarne due, sono puri esempi di cosa sia la grafica di Pubblica Utilità, il problema è che l’Italia ha memoria corta e si tende a dimenticare o cancellare ciò che è stato fatto in passato, a differenza di altre nazione in cui certe grafiche si sono modernizzate, rimanendo pero coerenti e vicine al concept originale, un esempio è appunto Londra con la sua metropolitana.

Passando a una domanda più trasversale, quali sono le fonti di ispirazioni nel lavoro che fai? Grafici del passato, studi attuali, artisti, illustratori? Qualche nome che vuoi lasciare come ispirazione per chi ti legge.

Albe Steiner, Bruno Munari, Max Huber, Bob Noorda, Massimo Vignelli, Bruno Monguzzi, Pentagram, Sagmeister & Walsh, Otl Aicher, Herb Lubalin, Adrian Frutiger, Leonardo Sonnoli
Questi sono i grafici / studi che più mi hanno influenzato fino ad oggi.

Grazie per la chiacchierata Danilo, speriamo di risentirci presto per condividere idee ed iniziative!

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